VIAREGGIO – L’arbitrato è quell’alternativa alla giustizia ordinaria per la risoluzione di controversie attraverso un giudice privato, iter al termine del quale il lodo assume la stessa efficacia di una sentenza.
L’arbitrato nautico in particolare nei Paesi esteri si sta diffondendo nel settore per i suoi vantaggi, mentre in Italia deve sempre prendere piede.
Ne hanno parlato insieme nella cornice del museo della marineria di Viareggio il presidente della Camera arbitrale internazionale, Rocco Guerriero, con il presidente del Tribunale arbitrale della nautica (sezione nautica della stessa Camera) Alfonso Mignone e l’avvocato e docente di diritto marittimo Matteo Vannucci, anche in rappresentanza del Propeller Club di Livorno.
“Durata ridotta dei tempi di conclusione, competenza degli arbitri e certezza dei costi” sono gli elementi indicati da Vannucci tra i vantaggi dell’arbitrato.
La cosa si conclude infatti entro 240 giorni, contro gli anni necessari per una sentenza del giudice, con il supporto di esperti del settore, periti, ingegneri e tecnici del settore in grado di portare avanti una perizia in modo specifico.
Tra l’altro, non essendo materia di concorso per l’ingresso in magistratura il diritto marittimo, il vantaggio è proprio una conoscenza più approfondita del settore.
I costi poi sono quelli indicati da un tariffario che fanno sì che chi si rivolge agli arbitri sappia già in anticipo quello che andrà a spendere.
“Ci sono altri due elementi importanti per cui l’arbitrato nautico in particolare è da prediligere -aggiunge Guerriero- la riservatezza e la flessibilità, oltre alla circolarità internazionale della valenza del lodo grazie a convenzioni tra stati”.
All’arbitrato si procede per libera partecipazione delle parti e nella nautica la clausola è inserita sempre più spesso nei contratti di vendita per imbarcazioni sia nuove che usate.
“La nostra sezione nautica al momento è l’unica in Italia -sottolinea Mignone– in un momento in cui la portualità turistica poteva avere la sua occasione per una normativa adeguata che ancora il legislatore non ha considerato in modo approfondito.”
Con la Riforma Cartabia l’arbitrato è ora applicabile anche alla piccola nautica, quella delle imbarcazioni fino a 24 metri, un vantaggio importante considerati i numeri delle piccole barche in giro per i porti italiani.
“Questo è il momento propizio per portare avanti le nostre richieste -spiega Mignone- visto anche l’annuncio sulle revisioni nel Codice della Navigazione e nel Codice della Nautica.
Credo sia importante adeguarci alla Riforma Cartabia nel modo pratico perché se l’arbitro adesso può essere in grado di effettuare procedimenti cautelari sappiamo che a tutela del credito navale c’è la possibilità di poter sequestrare una nave battente bandiera straniera.”
Ma al momento, mette in evidenza il presidente, l’Italia non è stata in grado di armonizzare il Codice della Navigazione con la stessa Riforma Cartabia e la convenzione di Ginevra del 1999 sul sequestro di navi.
“Quella permette anche la giurisdizione arbitrale per i provvedimenti cautelari e ci porterebbe grandi vantaggi poter procedere con le esigenze della filiera”.
Al convegno, conclusione del corso per Perito esperto nel contenzioso nautico, ha partecipato anche il Comandante del porto di Viareggio Silvia Brini, mentre non ha potuto essere presente per motivi familiari il presidente di Yacht Broker srl Michela Fucile che ha comunque inviato questo messaggio, portando il contributo del mondo delle imprese nautiche: “L’arbitrato non è solo una modalità di risoluzione alternativa delle controversie ma anche una soluzione per soddisfare la necessità di garantire giustizia al verificarsi di problematiche tecniche e specifiche che viviamo noi del settore della nautica. Mi riferisco soprattutto agli incidenti che possono scaturire da ormeggi non a regola d’arte. A questo proposito è necessario non solo da parte dei concessionari conoscere le norme e stipulare buoni contratti ma, soprattutto per gli ormeggiatori, conseguire un’adeguata formazione sulle prassi e da adottare quando si hanno compiti di responsabilità perché non sempre è sufficiente rispettare le ordinanze dell’autorità marittima”.
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