Le tariffe spot in caduta libera. L’effetto combinato di sovracapacità e rotte deviate mantiene alta l’occupazione delle navi
LIVORNO – Le tariffe di trasporto marittimo lungo la direttrice Asia–Stati Uniti stanno registrando una flessione marcata, con cali che sfiorano il 60% rispetto ai picchi di giugno. Secondo un’analisi congiunta pubblicata oggi da Reuters e dalla testata specializzata Splash247, le rotte verso la costa orientale statunitense hanno subito una diminuzione del 58%, mentre quelle verso la West Coast hanno perso circa il 46% di valore. Si tratta di un aggiustamento che, pur nella sua brutalità numerica, nasconde un equilibrio più profondo in atto nei flussi globali.
Il contesto è quello di un eccesso di capacità navale a livello globale, generato dall’ingresso sul mercato di nuove portacontainer ultra-large ordinate nel biennio 2021–2022 durante l’emergenza post-pandemica. Questi nuovi arrivi stanno saturando l’offerta, proprio mentre la domanda di beni di consumo – in particolare nei mercati occidentali – mostra segnali di stagnazione.
Ma nonostante il ribasso dei noli, il settore non è in crisi di occupazione. I dati raccolti da Linerlytica e confermati da Alphaliner indicano infatti che il tasso di riempimento delle navi sulle principali rotte intercontinentali si mantiene tra l’86% e l’87%. Un valore sorprendentemente alto, considerato il quadro tariffario.
A spiegare questa tenuta è l’effetto dirompente delle tensioni geopolitiche. Le rotte tradizionali attraverso il Mar Rosso continuano a essere evitate da un numero crescente di compagnie, a causa dei ripetuti attacchi armati lanciati dai ribelli Houthi contro navi commerciali nello stretto di Bab el-Mandeb. A oggi, più di 2.000 unità hanno scelto la via alternativa del Capo di Buona Speranza, allungando i tempi di percorrenza e riducendo il numero di viaggi per singola nave nel corso dell’anno. Questo ha l’effetto paradossale di sottrarre capacità al mercato, controbilanciando almeno in parte l’impatto della sovracapacità nominale.
Un altro elemento chiave è la politica tariffaria protezionista degli Stati Uniti, con i nuovi dazi introdotti nei confronti di vari settori industriali cinesi sotto la presidenza Trump. Questi provvedimenti stanno spingendo alcune aziende a rivedere le proprie strategie di sourcing, ma non hanno ancora prodotto un abbattimento consistente dei volumi in entrata. I flussi dal Sud-Est asiatico restano robusti, mentre la rilocalizzazione di parte della produzione verso Paesi come Vietnam, India e Indonesia genera nuove rotte senza ridurre il traffico complessivo.
Secondo gli analisti, le tariffe continueranno a scendere nelle prossime settimane, ma difficilmente raggiungeranno i minimi pre-Covid del 2019, proprio per via della pressione geopolitica e della persistente congestione di alcune infrastrutture logistiche a terra, soprattutto negli hub statunitensi della East Coast.
Nel complesso, la situazione attuale rappresenta una nuova normalità del trasporto marittimo globale: ipercompetitivà sul piano tariffario, esposta alle variabili politiche, ma ancora sorprendentemente resiliente grazie alla flessibilità operativa delle grandi alleanze armatoriali.
Alcune compagnie stanno già studiando nuove soluzioni contrattuali e strumenti di hedging per stabilizzare i ricavi nei prossimi trimestri, consapevoli che il ciclo dei noli potrebbe rivelarsi ancora più volatile in un contesto globale instabile.
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