

LIVORNO – Erika Furlani è presidente dell’Interporto di Cervignano del Friuli da alcuni mesi.
Adiacente allo scalo ferroviario di Cervignano, la struttura logistica si trova in una posizione strategica all’intersezione del Corridoio Adriatico/Baltico e del Corridoio Mediterraneo.
Con lei abbiamo fatto due chiacchiere sulle attività dell’interporto e sul suo ruolo di presidenza, anche seguendo il filone delle nostre interviste a donne con ruoli di rilievo nei settori che ci interessano.
Ecco cosa ci ha detto.
Quali sono i punti di forza del vostro interporto?
Interporto di Cervignano del Friuli ha una posizione strategica in quanto si trova sui due corridoi plurimodali identificati dal Piano generale dei trasporti e dall’Unione europea (corridoio 1 Adriatico- Baltico e corridoio 3 Mediterraneo); è adiacente allo scalo merci di RFI di Cervignano e a circa 10 chilometri dai caselli autostradali di Palmanova, Villesse e San Giorgio di Nogaro, e viene individuato come retroporto dell’intero sistema portuale regionale. Credo che questi siano i principali motivi per cui l’Interporto di Cervignano sia attrattivo.
Voi fate parte di UIR (Unione interporti riuniti): è importante il lavoro di gruppo in questo settore?
Quello che è importante nel partecipare all’Associazione degli interporti riuniti è che, essendo accumunati dai medesimi problemi, riusciamo ad esprimerci con maggior forza nelle sedi istituzionali. UIR sta portando avanti diversi progetti per migliorare l‘operatività, la connessione delle reti con una decisa attenzione alla digitalizzazione. Questi solo alcuni argomenti che stiamo trattando insieme.
Quali sono le criticità attuali degli interporti italiani?
Una delle difficoltà risulta essere il fatto che abbiamo una legge che definisce e regola gli Interporti che risale al 1990. Purtroppo, visto la dinamicità del settore risulta ormai superata e tutti ci auguriamo che la nuova legge in discussione ormai al Senato possa vedere la luce. C’è bisogno di chiarezza sul ruolo degli Interporti e sul loro sviluppo.
Lei da quando è presidente? Quali sono le strategie che sta portando avanti?
Sono presidente dell’interporto di Cervignano da meno di sei mesi: l’obiettivo principale, condiviso anche dal cda, è quello di espandere la nostra area operativa per fornire un migliore servizio ai clienti ma anche quello di adeguare e modernizzare le strutture esistenti per aumentarne l’efficienza.
Come è arrivata nel mondo della logistica e trasporti?
Mi sono laureata in Ingegneria gestionale e per molti anni sono stata impegnata nel settore della ricerca; essendo una persona dinamica, ho sempre accolto le proposte che mi hanno offerto, anche se poco inerenti al mio percorso di studi. Con la presidenza dell’interporto è andata più o meno allo stesso modo.
Si sente “sola” come donna nel settore?
Ho sempre lavorato in ambienti dove le donne sono una minoranza e non mi sono mai sentita a disagio, né me l’hanno mai fatto pesare. Non sono l’unica donna presidente di interporto – siamo in due – ma questo non mi intimidisce e poi, perché dovrebbe?
Una volta che si ha chiara la situazione che si è chiamati a gestire, uomo o donna, credo che non ci siano differenze a prescindere.
Sull’aspetto della differenza di genere nel mondo professionale cosa si sente di dire alla luce della sua esperienza?
Il gender gap esiste ed è un’ingiustizia poiché la donna dovrebbe avere il diritto di potersi realizzare lavorativamente e, nello stesso tempo, gestire la sua famiglia. Comunque si stanno percependo dei cambiamenti, cito i più noti: in Europa la Commissione europea è presieduta da Ursula von der Leyen e in Italia il presidente del Consiglio dei Ministri è Giorgia Meloni.
È facile oggi per una donna lavorare nel settore? Altrimenti cosa si potrebbe fare?
Penso che tutto quello che gira intorno alle infrastrutture come gli Interporti e alla logistica in generale sia considerato ancora un lavoro da uomini. Per fortuna, ormai da qualche tempo, all’interno delle aule di formazione di questo settore si cominciano a vedere anche delle ragazze.
Comunque, credo che non sia una questione di genere ma mentale: se una donna si sente a disagio quando è in mezzo a tanti uomini può diventare un problema. Credo dipenda dall’educazione ricevuta: i nostri nonni o bisnonni emigravano per cercare fortuna all’estero e le donne si sono abituate a gestire la famiglia o le attività dei mariti o dei padri.
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