Gas, sanzioni e potere: l’Europa nella morsa del mercato russo

Fatti e Potere: guerra energetica tra Occidente e Mosca; Marsiglia, Pres. di FederPetroli Italia, la analizza con noi

LIVORNO – “Ritengo, come già detto altre volte, che se l’Unione Europea è arrivata a licenziare il diciannovesimo pacchetto di sanzioni è evidenza Federpetrolioggettiva che per tanti anni Bruxelles non è riuscita nel suo intento di contrasto al mercato dell’idrocarburo russo. Con gli acquisti eravamo già ai minimi, poco flusso entrava ancora in Europa, quindi lo sforzo di quanto deciso è stato minimo. Sulle flotte ombra di petroliere, corsa contro i mulini a vento. Queste dinamiche sono astratte e difficili da contrastare, abbiamo già vissuto situazioni simili al fenomeno ghost per altri Paesi.
Quello però che tra azioni USA e UE ci preoccupa sono i mercati, punto finale dove i flussi si creano. Teniamo sotto controllo le diverse borse e gli indici di riferimento: in queste ore forte speculazione su piazze internazionali, focus su Cina e India, in attesa delle prossime mosse da parte dell’OPEC.

Con queste parole, Michele Marsiglia, presidente di FederPetroli Italia, ha commentato il nuovo pacchetto di misure occidentali contro Mosca. Una dichiarazione che, per la lucidità tecnica e la concretezza del richiamo ai mercati, introduce efficacemente il quadro complesso che oggi caratterizza la geopolitica dell’energia.

La nuova offensiva energetica dell’Occidente

Il nuovo pacchetto di sanzioni approvato da Stati Uniti e Unione Europea rappresenta un ulteriore passo nella guerra economica che accompagna il conflitto ucraino. L’obiettivo non è solo erodere la capacità militare russa, ma colpire il cuore economico del Paese, l’industria dell’idrocarburo che garantisce a Mosca gran parte delle entrate fiscali.

Secondo analisi del Time e del Washington Post, le misure prevedono un abbassamento del tetto di prezzo sul greggio russo, restrizioni sull’export di tecnologie di estrazione e raffinazione e una stretta sui sistemi di trasporto via mare, dove le cosiddette shadow fleets operano in regime semi-clandestino.
A ciò si aggiunge una politica statunitense più aggressiva, che mira a sanzionare non solo le compagnie russe ma anche intermediari e assicuratori esteri coinvolti nel commercio parallelo del petrolio.

L’obiettivo dichiarato è duplice: indebolire le finanze del Cremlino e, al contempo, preservare la stabilità del mercato globale, evitando nuovi shock energetici. Ma l’equilibrio è fragile, e i primi segnali di tensione si avvertono già sui principali hub finanziari.

Speculazione e volatilità: il fronte invisibile delle sanzioni

L’effetto immediato è l’aumento della volatilità dei mercati energetici.
Le borse di Rotterdam, Londra, Singapore e New York registrano oscillazioni intense nei derivati legati al petrolio e al gas.
Come sottolineato dallo stesso Marsiglia, il vero terreno di scontro non è tanto nelle pipeline, quanto nei mercati: è lì che i flussi vengono creati, negoziati e trasformati in valore finanziario.

Mentre l’Europa tenta di ridurre la propria esposizione al gas russo, i grandi operatori asiatici — spinti da considerazioni politiche e commerciali — si muovono con cautela.
Proprio India e Cina, finora principali acquirenti del gas russo a prezzo scontato, hanno dichiarato di voler interrompere progressivamente le forniture, temendo di diventare bersaglio di misure secondarie o di ritorsioni commerciali da parte degli Stati Uniti.
Una scelta prudente, che sposta l’asse del mercato e riduce ulteriormente la domanda potenziale di idrocarburi russi, con effetti diretti sulle entrate di Mosca e indiretti sui prezzi globali.

Europa: autonomia energetica o autolesionismo industriale?

L’Unione Europea, che nel 2021 dipendeva per oltre il 40% dal gas russo, ha compiuto in due anni una riconversione straordinaria.
Nuovi terminali di GNL sono stati realizzati in tempi record — Piombino, Ravenna, Wilhelmshaven —, mentre i contratti di fornitura si sono diversificati verso Stati Uniti, Qatar e Africa occidentale.
Tuttavia, questa transizione ha un costo: energia più cara, produzione meno competitiva, inflazione industriale persistente.

Il Guardian evidenzia come l’industria europea stia subendo un calo strutturale di competitività rispetto agli Stati Uniti, dove il gas domestico costa mediamente un terzo rispetto al prezzo europeo.
Le aziende energivore, dall’acciaio alla chimica, spostano produzioni oltreoceano.
E mentre Bruxelles celebra l’indipendenza dal gas russo, le imprese ne pagano il prezzo.

Sul piano politico, però, l’UE ribadisce che la strada è irreversibile: “Meglio energia costosa che energia ricattata.” Una logica di sovranità energetica che pone l’etica prima dell’economia, ma che richiederà tempo per trasformarsi in equilibrio sostenibile.

La resilienza russa e l’asse asiatico

Mosca reagisce cercando di riconfigurare la propria architettura energetica.
Dopo la riduzione degli acquisti europei e ora l’incertezza asiatica, la Russia tenta di spostare i flussi verso Africa, Medio Oriente e America Latina, costruendo nuove reti logistiche e infrastrutture terrestri.
Un processo complesso e costoso, che tuttavia conferma la capacità del Paese di adattarsi alle restrizioni.

Le entrate da export petrolifero sono diminuite di circa il 25% rispetto ai livelli pre-invasione, ma il sistema energetico russo non è collassato.
Mosca continua a vendere a sconto, ma vende: garantisce liquidità, sostiene il rublo e mantiene un minimo di stabilità interna.
L’Atlantic Council definisce questa fase come “resilienza coercitiva”: una sopravvivenza economica basata sull’adattamento continuo e su nuovi alleati geopolitici.

Gli Stati Uniti e la nuova egemonia energetica

Gli Stati Uniti escono da questa fase come vincitori apparenti.
Grazie all’espansione del GNL e all’aumento della produzione domestica, sono diventati il primo fornitore energetico dell’Europa, trasformando il legame transatlantico in una relazione economica strutturale. Il gas americano, trasportato via nave, ha sostituito in larga parte quello russo: costoso, ma politicamente sicuro.

Tuttavia, a Washington cresce la preoccupazione per l’impatto interno: la domanda europea spinge al rialzo i prezzi negli USA e genera tensioni politiche su scala domestica.
Nel frattempo, l’OPEC osserva: l’alleanza tra produttori mediorientali e Russia si rafforza come risposta al blocco occidentale, delineando un nuovo equilibrio multipolare dell’energia, dove l’Europa rischia di restare spettatrice.

Il Mediterraneo come nuovo baricentro

Mentre l’asse euro-asiatico si riconfigura, il Mediterraneo assume un ruolo strategico.
Gli investimenti nei rigassificatori italiani, la crescita dei flussi dal Nord Africa e i progetti di interconnessione energetica rendono l’Italia ponte naturale tra Africa ed Europa.
In questo scenario, la politica energetica nazionale diventa parte integrante della sicurezza europea.
I porti, le infrastrutture, le piattaforme logistiche e industriali sono i nodi di una catena che lega l’economia reale alle scelte geopolitiche.

visione del messaggeroVisione del Messaggero Marittimo

Le sanzioni non sono più solo strumenti di pressione diplomatica: sono armi di ingegneria economica. Colpiscono, deviano, plasmano i flussi, ma generano effetti collaterali che raramente vengono governati.
L’Occidente punisce la Russia, ma allo stesso tempo accelera una nuova geografia del potere energetico in cui Asia, Medio Oriente e Africa si riorganizzano fuori dal perimetro euro-atlantico.

L’Italia si trova al crocevia di questo mutamento: partecipe delle strategie europee ma esposta come piattaforma logistica e industriale.
Le nostre coste, i rigassificatori, le autostrade del mare e le reti di connessione rappresentano l’avamposto meridionale della politica energetica dell’Unione.
Da Livorno a Piombino, da Taranto a Gioia Tauro, la sfida è costruire un modello che coniughi autonomia, efficienza e sostenibilità.

L’analisi di FederPetroli Italia, che vede nei mercati il vero campo di battaglia, è un monito realistico: non basta colpire la produzione, bisogna governare i flussi e la finanza che li sostiene.
Le borse energetiche, gli indici di riferimento, i contratti spot e le piattaforme di trading sono oggi armi di potere economico, al pari delle flotte e dei gasdotti.

Per Il Messaggero Marittimo, la lezione è chiara: il Mediterraneo è tornato a essere l’epicentro della geopolitica energetica.
E l’Italia, se saprà unire competenza industriale, visione strategica e politica estera coerente, potrà trasformare la crisi in opportunità.
Perché nel mondo che si profila all’orizzonte, chi controlla l’energia controlla il mare. E chi controlla il mare, controlla il futuro.

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Tags: Economia, Editoriali, Energia, Geopolitica, Notizie dal mondo, Politica

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