

PECHINO – Le acque del Mar Giallo, da sempre crocevia di traffici, pesca e interessi strategici, stanno diventando teatro di una nuova escalation geopolitica tra Cina e Corea del Sud, in un contesto che preoccupa l’intero scacchiere dell’Asia-Pacifico.
Secondo quanto riportato dal Wall Street Journal in data odierna, Pechino avrebbe intensificato la propria presenza navale nell’area, arrivando a bloccare una nave di ricerca oceanografica sudcoreana che stava operando in acque considerate internazionali. L’imbarcazione, impegnata in attività di rilevamento ambientale, è stata avvicinata e costretta ad abbandonare l’area da unità della Guardia Costiera cinese, in una manovra che Seul ha definito “intimidatoria e inaccettabile”.
Ma non si tratta di un caso isolato. Solo nel 2024, secondo dati resi pubblici dalla Marina sudcoreana e confermati da fonti giornalistiche americane, le autorità cinesi hanno compiuto oltre 330 incursioni “autorizzate” nel tratto marittimo compreso tra la penisola coreana e il tratto meridionale del Mar Cinese Orientale. In molti casi, si tratta di operazioni legate alla costruzione o al controllo di strutture galleggianti: gabbie per acquacoltura, piattaforme riadattate per scopi petroliferi o di sorveglianza, che secondo la Corea del Sud rappresentano un’esplicita forzatura del diritto marittimo internazionale.
Un disegno strategico ben calcolato
Dietro a questa crescente attività marittima, secondo analisti militari e diplomatici citati dal WSJ, vi sarebbe la volontà della Cina di consolidare una “zona grigia” di influenza marittima. Mentre l’attenzione globale si concentra sul Mar Cinese Meridionale e sulle dispute in corso con Filippine, Vietnam e Taiwan, Pechino starebbe muovendo silenziosamente le proprie pedine anche nel Mar Giallo, un bacino considerato strategico per il controllo logistico e navale della regione.
Tale strategia servirebbe non solo a limitare l’accesso delle forze navali statunitensi e alleate, ma anche a mettere sotto pressione Seul, che negli ultimi mesi ha intensificato le proprie esercitazioni congiunte con Washington e Tokyo.
Secondo fonti militari sudcoreane, alcune delle strutture installate dalla Cina sarebbero in realtà stazioni di rilevamento acustico sottomarino, potenzialmente impiegabili in caso di conflitto per il monitoraggio dei movimenti navali o l’interdizione di rotte subacquee.
Rotte mercantili e rischio marittimo
La crescente militarizzazione del Mar Giallo non è priva di conseguenze per il trasporto commerciale e per la sicurezza della navigazione. Diverse compagnie armatoriali, secondo quanto riportato da analisti assicurativi asiatici, hanno iniziato a considerare con maggiore attenzione i passaggi tra il Mar Cinese Orientale e il Mar del Giappone, prevedendo polizze aggiuntive per le rotte costiere sudcoreane.
Non va dimenticato che il Mar Giallo ospita una delle densità di traffico mercantile più alte del mondo, in particolare nei tratti che collegano i porti industriali cinesi di Qingdao, Dalian e Tianjin a quelli di Incheon e Busan, in Corea del Sud. Ogni perturbazione in questa fascia rischia di provocare ritardi a catena nella supply chain asiatica, proprio mentre l’economia regionale tenta una ripresa piena dopo le tensioni inflazionistiche e la crisi energetica.
Uno scenario da monitorare
La situazione resta fluida. Il Ministero degli Esteri cinese ha ribadito che “le operazioni condotte nel Mar Giallo sono legittime e basate su consuetudini storiche”, mentre la Corea del Sud ha convocato l’ambasciatore cinese a Seul per “esprimere ferma protesta”. Gli Stati Uniti, pur mantenendo una posizione di cautela, hanno rafforzato la presenza delle proprie navi da sorveglianza nel Pacifico Nord-Occidentale, monitorando le attività della flotta cinese anche con droni a lungo raggio.
Il rischio, secondo diversi osservatori indipendenti, è che una crisi “minore” nel Mar Giallo possa diventare la scintilla di una più ampia destabilizzazione nel quadrante Indo-Pacifico, in un momento in cui la sicurezza marittima globale è già minata da crisi multiple: Mar Rosso, Stretto di Hormuz, pirateria nel Golfo di Guinea, e tensioni nel Baltico.
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