LIVORNO – Un nuovo intervento dell’avvocato Alfonso Mignone, che ringraziamo, presidente del Tribunale arbitrale della nautica, sezione della Camera Arbitrale Internazionale.
Esperto del settore e del diritto marittimo che si occupa di arbitrato, affronta in questo articolo il tema de “La disciplina dell’albergo diffuso nautico quale nuova opportunità per il turismo nautico”.
“Da un’attenta lettura del “Piano del Mare” di cui alla Delibera del P.D.C.M. del 31 Luglio 2023 e, nello specifico, del punto 2.13.7 (turismo nautico) si evince che il turismo del mare rivolge oggigiorno la propria attenzione soprattutto alla nautica da diporto.
Come è noto ai primordi della legislazione sul diporto nautico era prevista l’utilizzazione delle unità in questione esclusivamente per fini lusori (art. 1, comma 2, L. n. 50/1971) ma in considerazione delle esigenze emerse nella prassi, è stata gradualmente ammessa l’utilizzazione commerciale delle unità stesse tipizzate nel D. Lgs. n. 171/2005 (codice della nautica da diporto) dapprima mediante i contratti locazione (art. 42) e di noleggio (art. 47) poi via via moltiplicatisi con forme atipiche.
L’ultima riforma di settore, operata dal D.lgs. n. 160/2020 ha esteso l’ambito delle utilizzazioni commerciali delle unità da diporto, disciplinando il noleggio a cabina (cabin charter) e l’esercizio di attività in forma itinerante di somministrazione di cibo e bevande e di commercio al dettaglio.
È oramai pacifico che il settore della nautica da diporto vede progressivamente affermarsi nuove forme di utilizzazione delle unità diverse da quelle codificate, in cui l’attività di navigazione in senso stretto è divenuta via via meno essenziale.
La prassi più recente consente poi di individuare, allo stato, quali nuove forme di utilizzazione, il boat & breakfast, la ristorazione a bordo (floating restaurant) e l’albergo nautico diffuso.
Ad esempio la ristorazione a bordo è entrata nel novero delle utilizzazioni commerciali a seguito della riforma del codice della nautica del 2020 consentendo l’esercizio di attività di somministrazione di cibo e bevande e di commercio al dettaglio, ma solo in forma itinerante (art. 2, comma 1, lett. c-quater, cod. naut. dip.), ossia tramite una unità da diporto che naviga e non resta ormeggiata in porto.
Il boat & breakfast (anche noto come bed & boat) richiama la ricettività svolta nei b&b ferma la peculiarità del luogo ove la ricettività stessa si svolge, ossia l’unità da diporto ormeggiata in porto. Premesso che il codice della nautica non prevede altre utilizzazioni commerciali dell’unità ci si pone il problema se il boat & breakfast possa ricadere negli schemi contrattuali summenzionati.
Restano in piedi due ipotesi: se si valorizza il bene ove la ricettività si esplica (unità) l’ormeggio a fini “alberghieri” va inquadrato nello schema contrattuale del noleggio da fermo; se l’unità è sempre ormeggiata ma idonea alla navigazione, essa potrebbe essere immatricolata come nave, anziché come unità da diporto, con conseguente applicazione della normativa del codice della navigazione, che non prevede preclusioni all’attività esercitabile a bordo; se l’unità non è idonea alla navigazione, si esulerebbe dal campo della navigazione ed essa non sarebbe diversa da un bene immobile, ove incorporata al suolo, oppure da un bene mobile, ancorché galleggiante.
Analoghe riflessioni pone l’ “albergo nautico diffuso” la cui disciplina, non trovandosi né nel D. Lgs. n. 79/2011 (codice del turismo) né nel D.Lgs. n. 171/2005 dovrà rinvenirsi nelle leggi regionali che attualmente regolano la materia (L. R. Sardegna n. 13/2021, L.R. Sicilia n. 388/2023, L. R. Friuli Venezia-Giulia n. 10/2023 e, dopo la proposta del 2022 (poi ritirata) di aggiunta dell’art.2bis alla L. R. Puglia n.17/2011, da ultimo, L. R. Calabria n. 26/2024).
Dall’analisi delle normative richiamate è possibile definire gli alberghi diffusi come “Strutture organizzate per la sosta e il pernottamento di turisti all’interno delle imbarcazioni ormeggiate nello specchio acqueo appositamente attrezzato. Tali strutture possono, altresì, essere dotate anche di piazzole appositamente attrezzate per vivere a bordo (dry marina)”.
In relazione al posizionamento delle unità, devono possedere requisiti minimi qualitativi previsti dalle norme vigenti e possono fornire servizi ricettivi per un periodo di soggiorno non superiore a 12 mesi consecutivi.
Nonostante la recente introduzione nel mercato lo svolgimento di tale attività ha formato oggetto di numerose controversie e quesiti tra le quali ci sembra utile menzionare una recente Risposta ad interpello ad Agenzia delle Entrate (la n. 466/2023 del 23/11/2023) avente ad oggetto essenzialmente (ma non solo) l’aliquota IVA applicabile alle prestazioni rese ai clienti alloggiati nelle unità da diporto che compongono l’”albergo nautico diffuso” con possibilità di compiere altresì mini crociere in zona.
Nel caso di specie l’Agenzia si è pronunciata in merito ad un unico contratto complesso, consistente sia nell’offerta di alloggio che in quella di possibilità di navigazione, “nel senso di considerare non applicabile l’aliquota IVA agevolata del 10% in quanto prevista dalla norma solo per le prestazioni ‘rese ai clienti alloggiati’ in strutture ricettive” e considerando quindi l’albergo nautico diffuso “come potenzialmente strumentale rispetto all’offerta di altri servizi di maggior interesse complessivo”.
Secondo l’Agenzia la caratteristica dirimente che differenzia l’albergo nautico diffuso da boat & breakfast e marina resort è la possibilità di effettuare brevi navigazioni (entro le 3 miglia nautiche) senza l’ausilio di equipaggio fornito dalla struttura
In tema di IVA gli alberghi nautici diffusi possono usufruire dell’aliquota agevolata del 10% le prestazioni relative al soggiorno in tali strutture, nonché dei servizi accessori allo stesso (ad esempio pulizie, assistenza all’ormeggio, consumi, vigilanza, etc., come nel caso dei marina resort) mentre esclude l’applicazione di tale beneficio nel caso in cui il cliente chieda espressamente di fare brevi navigazioni e/o escursioni limitrofe, nel qual caso l’IVA in addebito viene individuata nel 22%.
Dunque è possibile qualificare l’albergo nautico diffuso quale struttura ricettiva extra alberghiera composta da un’unità produttiva ubicata nel territorio regionale che offre servizi comuni a unità attrezzate per la sistemazione ed il pernottamento a bordo a servizio dell’unità produttiva.
Dal punto di vista operativo, il gestore deve avere legittimamente, a “qualsiasi titolo” (locazione, leasing, comodato etc.), la disponibilità organizzata e non occasionale delle unità da diporto complete dei mezzi di salvataggio, delle dotazioni di sicurezza a norma di legge e dotate di sistema di tracking e sistema certificato del tracciamento storico volto a documentare il posizionamento delle singole unità, anche al fine di poter corrispondere le eventuali tasse di soggiorno a carico del conduttore stesso, fermi gli obblighi di natura sussidiaria e strumentale all’esazione del tributo in capo al gestore della struttura.
Oltre a ciò, le unità devono essere idonee per il pernottamento, arredate, dotate di cucina, servizi igienici di bordo con acqua calda comprensivi di doccia e di contenitori di raccolta delle acque reflue con adeguate strutture di collegamento atte a permettere lo scarico nei serbatoi del porto.
Nell’unità centralizzata devono essere offerti almeno i servizi di accoglienza, registrazione e comunicazione telematica delle presenze a bordo e recapito del cliente e assistenza H24.
Deve essere effettuata la pulizia delle unità da diporto e il cambio di biancheria ad ogni cambio di cliente, oltre ai consueti servizi accessori forniti da una struttura ricettiva. L’attività deve essere gestita in forma imprenditoriale e le unità da diporto possono essere concesse in uso ai clienti con contratti di locazione.
L’imbarco e lo sbarco dei clienti devono avvenire nella struttura dedicata alla nautica da diporto dove è ubicata l’unità produttiva che offre i servizi comuni.
La fattispecie permette al turista di coniugare il soggiorno nell’unità con l’ulteriore possibilità di utilizzare lo stesso mezzo per brevi navigazioni, e ciò costituisce un elemento di novità rispetto alle precedenti tipologie di strutture ricettive dello stesso genere.
L’innovazione ha pertanto recepito il bisogno di un numero sempre maggiore di turisti di fruire di un luogo di soggiorno caratteristico (unità da diporto), senza limitarsi all’ormeggio nello stesso specchio acqueo appositamente attrezzato, permettendo anche lo spostamento per brevi escursioni limitrofe, senza l’ausilio di equipaggio fornito dall’armatore/gestore della struttura.
Attraverso tale istituto si viene così delineando una nuova fruibilità dello yachting attraverso una figura che è spuria sia rispetto alla ricettività alberghiera che all’attività di charter nautico e che permette anche a chi non ha il tempo, o la predisposizione, di noleggiare una barca per una crociera impegnativa, di godere del mare sotto costa a bordo di un’unità sicura e confortevole.
Da campano -conclude l’avvocato Mignone- in un territorio che si sviluppa lungo 480 km di costa, dalla foce del Garigliano al porto di Sapri, con la presenza di numerosi porti turistici, mi sento di promuovere la diffusione di questo strumento e di suggerire al Legislatore regionale l’emanazione di apposita normativa che è indubbiamente compatibile con le Linee Programmatiche per lo Sviluppo del Sistema Integrato della Portualità Turistica elaborate con Delibera della G.R. Campania n. 5490/2002”.
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