L’intervista a Michele Santoni: le criticità croniche dell’autotrasporto

Presidente nazionale di CNA Fita ci parla di autisti, infrastrutture e possibili soluzioni

ROMA – Michele Santoni è fresco di nomina alla presidenza nazionale di CNA Fita, associazione che rappresenta il settore autotrasporto e logistica.
Per Santoni, che ha preso il testimone di Patrizio Ricci “è stata un’emozione davvero grande e un grandissimo onore, che porterò avanti con estrema umiltà e con la volontà di imparare da tutti i miei colleghi” dice.
L’impegno di Santoni sarà “quello di ascoltare tutti i territori, senza lasciare indietro nessuno, e di dare voce soprattutto alla base associativa, il vero motore pulsante della nostra intera organizzazione”.
Santoni prima di essere eletto presidente è stato per tanto tempo associato: “Sono sempre stato profondamente legato alla CNA e mi sono sempre avvalso dei loro servizi, trovando un partner affidabile e fondamentale per la mia piccola azienda. Nonostante ricopra ruoli dirigenziali in FITA solo da poco tempo, ho sempre avuto una profonda fiducia nell’Associazione, nel suo modo di operare e nella sua capacità di rappresentare gli interessi delle aziende”.

Presidente, nel suo discorso di insediamento ha indicato alcuni punti prioritari, tra cui la difficoltà del settore per la carenza di autisti, un problema ormai strutturale da diversi anni. 

Oggi, la professione nel settore dei trasporti, sia dal punto di vista imprenditoriale che da dipendente, è diventata poco attrattiva a livello economico, in proporzione a quelle che sono le grandi responsabilità che ha chi decide di intraprendere il nostro mestiere.
A questo si aggiunge la difficoltà nel reperire sia personale qualificato che personale in genere da formare, a causa della scarsità di patenti e della Carta di Qualificazione del Conducente (CQC), documenti essenziali per esercitare l’attività.

CNA camionisti

Questa combinazione di fattori ha portato a un calo della volontà di intraprendere la carriera.
Molti preferiscono orientarsi verso lavori meno impegnativi, specialmente in termini di orario, valutando sempre più il fattore della qualità della vita. L’attività è diventata meno appetibile anche a causa di una visione distorta della nostra categoria che si è diffusa negli ultimi anni.
Veniamo costantemente indicati come causa di problemi di vario genere, spesso oggetto di strumentalizzazioni che danneggiano l’immagine del settore. Queste percezioni, che io stesso vivo quotidianamente lavorando sul camion, rendono il mestiere talvolta discriminatorio. La mancanza di rispetto che osserviamo giorno dopo giorno allontana le nuove generazioni.
È fondamentale che venga riconosciuta la nostra vera natura: siamo aziende a tutti gli effetti, anche se “su ruote”, gestite e portate avanti da professionisti che muovono tutta l’economia.

Come si può correre ai ripari?

Per risolvere questa crisi, che nei prossimi anni potrebbe manifestare segnali molto preoccupanti (il blocco dei trasporti paralizzerebbe l’economia e la socialità nazionale), è fondamentale agire su due fronti: l’aspetto economico e la formazione/normativa.
Dal punto di vista economico, è necessario aumentare le retribuzioni dei conducenti, che meritano un riconoscimento maggiore per la professionalità dimostrata. Tuttavia, tale aumento non può gravare esclusivamente sulle spalle delle aziende, già messe a dura prova dall’elevata tassazione sul costo del lavoro.
La linea da adottare, considerando la trasversalità di questa problematica in molti settori e non solo nei trasporti, dovrebbe essere quella di ridurre la pressione fiscale sul lavoro dipendente. Parallelamente, si potrebbe agire su altre leve per aumentare gli stipendi senza intaccare le casse aziendali, ad esempio rivalutando il valore delle indennità di trasferta, ferme a cifre risalenti a oltre trent’anni fa.
Ritengo che la ricerca e la formazione di manodopera in territori lontani, caratterizzati da retaggi e contesti culturali molto diversi, non rappresenti la strategia più efficace per professionalizzare il nostro settore.iru sardegna autisti bonus fedespedi autotrasportatori
Oltre all’aspetto economico, è cruciale modificare le normative per il conseguimento della CQC. Allo stato attuale, la struttura del percorso formativo presenta criticità. Oltre al notevole impegno economico (circa 2000-2500 euro), il lungo corso obbligatorio prevede un monte ore talmente esteso da rendere spesso difficile la partecipazione a tutte le sedute per chi è già inserito nel mondo del lavoro o ha altri impegni. È necessario snellire i requisiti e le modalità di conseguimento di questa qualifica essenziale per rendere la professione più accessibile. E sicuramente da un punto di vista politico che rappresenta fattori sociali, l’introduzione di bonus economici per il conseguimento dei documenti necessari, sicuramente è una strada da continuare a percorrere.

Infrastrutture italiane. Cantieri, manutenzioni, tutto questo mette a rischio la sicurezza di chi lavora su strada?

Questo è sicuramente uno dei fattori e dei problemi più difficili da affrontare. Lo riscontriamo quotidianamente, specialmente in alcune aree, dove si manifesta con lavori infiniti, cantieri aperti e mai conclusi, e la lungaggine della burocrazia. A ciò si aggiunge la necessità di rispettare le regole chiare sui tempi di guida e di riposo, utili alle nostre giornate lavorative. L’insieme di questi elementi fa sì che le nostre aziende perdano sempre più competitività.
Per i trasporti altro fattore determinante da ricercare, è la garanzia di poter effettuare i viaggi con un’adeguata velocità commerciale da svolgersi in tutta sicurezza. Le imprese di autotrasporto non possono permettersi di subire ulteriori aumenti di costi ed altre criticità a causa di crolli improvvisi di infrastrutture, di manutenzioni resesi non più derogabili a causa dell’incuria e della loro mancata programmazione nel corso del tempo, e soprattutto per la durata estremamente lunga dei cantieri.
Bisogna iniziare a far capire che le infrastrutture sono l’esoscheletro di tutto un tessuto sociale economico, e vanno considerate come tali. Siamo sempre stati favorevoli agli interventi strutturali ma devono essere programmati, efficienti, veloci nella loro risoluzione. Per problemi politici, burocratici, non dobbiamo essere noi a pagarne le conseguenze e dobbiamo quindi creare un dialogo costante con gli amministratori, affinché vengano riconosciuti degli sgravi economici. Il settore dei trasporti eccezionali, pilastro per le grandi industrie nazionali, subisce una penalizzazione sistematica a causa della complessità amministrativa e delle difficoltà nel tracciare percorsi idonei al loro passaggio.

Trafori e valichi alpini. Quanto ci rimette l’Italia per la situazione attuale?

Da tempo, i principali valichi e trafori alpini soffrono di carenze e disfunzioni strutturali che mettono a dura prova il settore dell’autotrasporto italiano, con pesanti ripercussioni sull’intero sistema economico nazionale.
Punti nevralgici per il nostro trasporto merci—come Brennero, Frejus, Monte Bianco, San Gottardo e Ventimiglia—patiscono una precarietà che genera conseguenze negative di ampia portata, minando la competitività e lo sviluppo economico del Paese.
Ogni anno, quasi 200 milbrennero giachino confetraioni di tonnellate di merci transitano attraverso queste arterie vitali per il commercio italiano e internazionale.
Tuttavia, frequenti chiusure, limitazioni, lavori di manutenzione e avverse condizioni atmosferiche compromettono la regolarità del traffico. Tutto ciò si traduce in costi aggiuntivi per le imprese di autotrasporto e in una riduzione della competitività delle aziende italiane sui mercati europei.
Il Brennero, principale porta per il traffico merci con l’Europa centrale, gestisce circa il 30% delle merci che attraversano i valichi alpini italiani. Nonostante la sua rilevanza strategica, questa arteria è fortemente sottoutilizzata: se fosse operativa 24 ore su 24, potrebbe massimizzare il suo potenziale, ma attualmente raggiunge solo il 50% della capacità teorica.
Le restrizioni notturne causano una perdita di circa il 32% del potenziale, i divieti nel fine settimana il 16%, mentre divieti specifici e il sistema di dosaggio ne limitano l’utilizzo di un ulteriore 2%.
A queste limitazioni croniche si aggiunge, dal 1° Gennaio scorso, l’aggravio dovuto all’urgente manutenzione del ponte Lueg in Tirolo. Per oltre metà dell’anno, il ponte sarà percorribile su una sola corsia per senso di marcia, fatto che sta già aumentando i tempi di transito e favorendo gravi congestioni sulle rotte più trafficate.
Anche il Traforo del Monte Bianco continuerà a subire chiusure temporanee per i lavori di risanamento della volta, che si protrarranno fino al 12 Dicembre. Queste interruzioni del flusso delle merci, incrementano i costi e creano incertezza tra gli operatori.
L’unitraforo del frejusca nota positiva è l’inaugurazione dopo quattordici anni di lavori e sfide logistiche, della seconda canna del Traforo del Fréjus, un evento che apre finalmente nuove prospettive per le attività di trasporto.
Le imprese di autotrasporto e l’intera economia italiana non possono più dipendere da infrastrutture così instabili e soggette a continui rallentamenti e interruzioni. La mancanza di collegamenti affidabili e le limitazioni operative rappresentano un ostacolo significativo alla competitività, comportando costi elevati e ritardi che compromettono l’efficienza del commercio. Sono necessarie soluzioni concrete e tempestive. È cruciale un impegno condiviso tra istituzioni, enti e operatori per ridurre i danni economici, migliorare l’affidabilità e la sicurezza delle infrastrutture e garantire un futuro più stabile e competitivo per il settore e per l’economia nazionale.
Solo attraverso una strategia coordinata e un investimento mirato sarà possibile valorizzare appieno il ruolo strategico delle vie di transito alpino e assicurare la crescita del sistema logistico italiano, elemento centrale per il benessere e lo sviluppo del Paese.

Logistica portuale: ancora punti critici, cosa fare?

L’Italia, grazie alla sua posizione intrinseca di hub logistico naturale, detiene un enorme potenziale per aumentare i flussi di merci, in particolare quelli provenienti dall’Oriente e dal Medio Oriente. Questa opportunità è rafforzata dalla posizione strategica dei nostri porti e dal transito delle reti infrastrutturali transeuropee sul nostro territorio. Per cogliere appieno questo potenziale, è fondamentale riconoscere l’importanza cruciale del trasporto su gomma nella logistica delle spedizioni intercontinentali.
Ciò richiede di rendere le nostre attività portuali il più efficienti possibile in termini di tempi e organizzazione. Solo così potremo assicurare alle nostre imprese tempi certi e precisi per le operazioni di consegna e ritiro dei container, rafforzandone la competitività.
Tuttavia, l’efficienza portuale deve essere affiancata da una rete viaria importante e funzionale, essenziale per il collegamento finale della catena logistica. Se la nostra rete stradale e l’infrastruttura interna restano inefficienti, il flusso di merci si blocca o viene dirottato, causando perdite di ordini per le aziende manifatturiere e mancate opportunità per il settore dei trasporti. È quindi cruciale e urgente implementare soluzioni definitive per gli interventi strategici di collegamento interno, progetti programmati da decenni e ancora incompiuti.

Donne e autotrasporto. Ha in mente di sensibilizzare sul tema per una maggiore apertura in questo senso? Penso proprio alla carenza di autisti ad esempio.

La presenza femminile nel settore dell’autotrasporto è ancora una realtà minoritaria, ma che mostra segnali incoraggianti, soprattutto in Italia.
È un ambiente storicamente dominato dagli uomini, ma le cose stanno lentamente cambiando. L’Italia fortunatamente detiene un vero e proprio primato europeo in questo ambito.
Secondo i dati del rapporto IRU, le camioniste italiane rappresentano circa il 6,2% della forza lavoro alla guida di mezzi pesanti. Questo è un dato significativamente superiore alla media europea, che si aggira intorno al 3,2%.
Se consideriamo il settore più ampio del trasporto e magazzinaggio, i dati Istat del 2021 mostrano quasi 214 mila donne impiegate in Italia. Di queste, le donne che sono effettivamente alla guida di veicoli per il trasporto merci, macchinari mobili e sollevamento, sono circa 14mila.
Nonostante questo primato, dobbiamo essere onesti: la disparità di genere tra i conduttori di veicoli rimane altissima in Italia, tra le più elevate in assoluto. Tuttavia, c’è una tendenza crescente.
Le donne che scelgono questa professione spesso lo fanno per l’indipendenza, la passione per la guida e per sfuggire al lavoro d’ufficio, un po’ come accade per gli uomini.
Spesso, le donne che entrano nel mondo dell’autotrasporto, tradizionale baluardo maschile, hanno un approccio al lavoro estremamente professionale e pragmatico. Non è insolito che portino con sé una mentalità focalizzata sulla precisione, sulla cura dei dettagli e sull’organizzazione. Questo può derivare dalla necessità di eccellere per farsi accettare in un ambiente difficile, ma anche dalla semplice necessità di gestire logistiche complesse che richiedono attenzione costante. Tuttavia, queste colleghe affrontano quotidianamente problemi specifici che i colleghi uomini potrebbero non percepire con la stessa intensità.
I problemi si concentrano principalmente su alcune tematiche. La presenza di servizi igienici adeguati: la sfida più citata è la mancanza di servizi igienici e docce pulite e sicure nelle aree di sosta. Molte strutture non sono pensate per le donne, perché spesso semplicemente fatiscenti, il che è un problema serio per la salute e soprattutto per la dignità.
La sicurezza personale durante le soste notturne nei parcheggi è una preoccupazione costante. Spesso devono adottare misure extra (come telecamere, cinghie per le portiere) per sentirsi al sicuro, un timore che i colleghi uomini tendono a non avere con la stessa frequenza.
Sessismo e mancanza di rispetto: purtroppo, molte camioniste riferiscono di dover affrontare comportamenti sessisti o misogini, sia da parte di colleghi che da altri utenti della strada o addetti ai lavori. Devono costantemente dimostrare la loro competenza, mentre gli uomini spesso partono dal presupposto della validità. In sostanza, la loro diversa concezione del lavoro non è solo una scelta professionale, ma anche una strategia necessaria per navigare in un ambiente che, pur amando, non è ancora completamente attrezzato o culturalmente pronto ad accoglierle pienamente, e di questo me ne dispiace tantissimo.
È fondamentale che il settore continui a migliorare non solo l’inclusività, ma anche la qualità delle infrastrutture per supportare questa crescente presenza femminile.

Rinnovo della flotta italiana. Non bastano gli aiuti del governo?

I fondi che vengono stanziati sono sicuramente importanti, ma purtroppo rappresentano solo una piccola goccia rispetto ai bisogni reali del nostro settore. Abbiamo urgentemente bisogno che la politica definisca una linea chiara da seguire, e che questa venga non solo motivata, ma anche dimostrata nella sua validità.
Questa direzione deve essere non solo corretta, ma soprattutto attuabile. Troppo spesso, chi legifera a livello europeo sembra avere una grande distanza dalla realtà pratica del nostro lavoro. Questo porta all’emanazione di leggi che risultano inapplicabili e che, per il nostro mestiere, si rivelano persino estremamente pericolose.biocarburante bioraffinerie
Per quanto riguarda la transizione ecologica, la parola “Green” è stata sempre più usata, forse anche per moda. Fino ad oggi, però, ciò che abbiamo riscontrato è soprattutto incertezza. Questa mancanza di chiarezza ha generato confusione e, in alcuni casi, ha provocato problemi disastrosi per le aziende che avevano effettuato investimenti, pagandone in prima persona le conseguenze.
Oggi, a mio avviso, l’elettrico non è la via percorribile per il trasporto pesante, a causa di una serie di problemi che ne determinano l’inapplicabilità. Ritengo invece che i biocarburanti siano una strada da poter seriamente iniziare a intraprendere, ma ciò richiede serietà e, soprattutto, una volontà politica che indichi la direzione. Un aspetto cruciale, però, è che non si può pensare che siano le aziende a farsi carico in prima persona di tutte queste spese necessarie per il rinnovo del parco veicolare. Serve un supporto e una strategia che vada oltre le nostre spalle.

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Tags: Logistica, Trasporti

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