

LIVORNO – Una nuova esplosione in mare riaccende i riflettori sull’opaca rete di traffici petroliferi legata ai porti russi. La petroliera Vilamoura, battente bandiera delle Isole Marshall e carica di un milione di barili di greggio, è esplosa a largo della Libia, nel corso della traversata tra il porto di Zueitina e il Mediterraneo orientale. Il danneggiamento dell’unità, che ha interessato in particolare la sala macchine, non ha provocato vittime né sversamenti, secondo quanto riferito dalla compagnia armatrice TMS Tanker Ltd, con sede a Marousi (Grecia). L’imbarcazione è stata successivamente rimorchiata fino al Golfo di Laconia, in acque elleniche.
L’episodio, riportato in prima battuta da Bloomberg, rappresenta il quinto caso sospetto di esplosione su navi che avevano toccato porti russi da inizio 2025, in quello che potrebbe configurarsi come un nuovo fronte ibrido nel conflitto energetico tra Mosca e l’Occidente. La Vilamoura, in particolare, aveva effettuato scali nei terminal petroliferi di Ust’-Luga (aprile) e Novorossijsk (maggio), caricando greggio kazako.
Le autorità ucraine, attraverso un comunicato pubblicato sulla piattaforma Telegram dalla Direzione dell’intelligence del Ministero della Difesa, hanno definito l’incidente “parte di una strategia di destabilizzazione legata alla cosiddetta flotta ombra russa” – un insieme di navi commerciali sospettate di aggirare le sanzioni e trasportare idrocarburi in violazione delle direttive internazionali. “La Vilamoura – afferma Kiev – è stata più volte impiegata per il trasporto di prodotti energetici provenienti dallo Stato aggressore”.
L’escalation di episodi marittimi ad alto rischio, in assenza di rivendicazioni dirette e in un contesto geostrategico già teso, impone nuove riflessioni sulla sicurezza delle rotte petrolifere globali. La società di consulenza Vanguard Tech, specializzata in rischio marittimo, ha confermato che dall’inizio dell’anno sono almeno quattro le petroliere colpite da esplosioni dopo aver fatto scalo in porti russi, delineando un quadro d’allarme sempre più diffuso tra compagnie assicurative e operatori navali.
Il traffico energetico via mare, già sottoposto a pressioni crescenti per effetto dei rincari nei noli – soprattutto nel Golfo Persico – si trova dunque esposto a nuove vulnerabilità, proprio mentre la diplomazia internazionale fatica a ricucire le fratture strategiche del quadrante euroasiatico. La dinamica dell’esplosione resta, al momento, oggetto di indagine, ma gli indizi sulla sua natura non accidentale si moltiplicano, alimentando i timori di un conflitto “invisibile” che si combatte lungo le rotte del greggio.
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