

LIVORNO – Nel mezzo di uno scontro commerciale sempre più acceso tra Cina e Stati Uniti, la visita del presidente Xi Jinping in Vietnam e Malesia rappresenta molto più di un semplice tour diplomatico: è una dichiarazione d’intenti su come la Cina voglia ridisegnare le rotte della logistica globale e affermarsi come punto di riferimento stabile per il commercio internazionale, in aperto contrasto con l’imprevedibilità dell’amministrazione Trump.
Il blocco alle nuove consegne Boeing ordinato da Pechino è solo la punta dell’iceberg. Il vero segnale, per chi si occupa di supply chain e mercati emergenti, è il pacchetto di accordi infrastrutturali siglato nei Paesi Asean, che disegna una nuova architettura del commercio regionale a trazione cinese.
Nuove dorsali logistiche: infrastrutture per il controllo delle rotte
Tra i 45 accordi firmati con il Vietnam spiccano quelli relativi al potenziamento di due linee ferroviarie risalenti all’epoca coloniale, fino ad oggi non compatibili con gli standard cinesi. Ma soprattutto, l’annuncio di un nuovo corridoio logistico tra la zona portuale di Shenzhen e il porto di Haiphong ha un chiaro significato strategico: offrire un’alternativa terrestre e marittima integrata per il trasporto di merci che oggi transitano in parte attraverso rotte più esposte a instabilità geopolitiche, come quelle nel Mar Cinese Meridionale.
Il progetto mira a snellire i flussi doganali, ridurre i tempi di transito e rafforzare l’integrazione economica tra Cina e Vietnam, già partner chiave nelle catene di fornitura dell’elettronica, del tessile e dell’automotive.
Free trade e dazi sospesi: la Cina come hub commerciale alternativo
Mentre gli USA mantengono un approccio bilaterale e protezionista, la Cina scommette su accordi multilaterali. A Kuala Lumpur, Xi discuterà un ambizioso trattato di libero scambio tra Pechino e il blocco Asean, che prevede l’eliminazione progressiva di tariffe e l’armonizzazione di standard tecnici e doganali.
Per molte aziende attive nel commercio e nella distribuzione, ciò significa una riduzione diretta dei costi logistici e una maggiore prevedibilità nella pianificazione delle rotte. Le economie del Sud-est asiatico, da tempo penalizzate dai dazi reciproci tra USA e Cina (con picchi del 46% per il Vietnam), vedono in Pechino un partner stabile e pronto a investire in progetti infrastrutturali con ritorni concreti.
Effetti a catena: verso una nuova mappa della supply chain globale
Il messaggio di Pechino è chiaro: se Washington vuole alzare muri, la Cina costruirà ponti. E quei “ponti” sono infrastrutture logistiche, investimenti in porti, ferrovie, corridoi commerciali e zone di libero scambio.
Nel medio termine, ciò potrebbe accelerare il processo già in corso di “China+1”, in cui le imprese internazionali diversificano la produzione spostandola in Paesi Asean (Associazione delle Nazioni del Sud-Est asiatico) mantenendo però legami logistici strettissimi con la Cina continentale.
Nel settore della logistica e nei trasporti ciò implica nuove rotte intermodali Cina-Asean, da monitorare e integrare nei sistemi di tracking e pianificazione; Cambi di policy tariffaria, che possono incidere sui margini operativi di spedizionieri e operatori doganali; rischi di frammentazione normativa, con la necessità di aggiornamenti continui sugli standard tecnici nei Paesi partner della Cina.
Lungi dall’essere solo una reazione simbolica agli USA, la strategia cinese punta a fare leva su commercio e logistica per riscrivere gli equilibri geopolitici e potremo dire che in questa particolare fase la ” geopolitica passa dai container”. In questo scenario, chi controlla le rotte e le infrastrutture non si limita a spostare merci, ma condiziona scelte industriali, localizzazioni produttive e – in ultima analisi – il potere economico globale.
La logistica è oggi uno dei principali strumenti di politica estera. E la Cina lo ha capito meglio di tutti.
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