LIVORNO – L’Italia ha superato la settima rata del pagamento del Pnrr e si avvia verso la prossima, per arrivare entro i termini a ricevere la decima e ultima, se i tempi saranno rispettati.
Di Pnrr, dei suoi aspetti legati all’oggi e di quelli più a lungo termine, ne abbiamo parlato con Fabrizio Penna, Capo dipartimento dell‘unità di missione per il Pnrr del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica.
La struttura che guida è necessaria per portare a termine gli impegni al 2026 attuando riforme e raggiungendo target che significano investimenti per circa 35 miliardi di euro.
“Tutti noi siamo impegnati nell’implementazione dell’energia rinnovabile e contemporaneamente stiamo svolgendo attraverso ISPRA la più grande ricerca sulla tutela della biodiversità marina che mai sia stata svolta nel mar Tirreno ed Adriatico” ci spiega.
Ma poi c’è il tema del biometano, teleriscaldamento, green ports..tematiche guidate da una parola: sostenibilità.
Ma il Piano nazionale di ripresa e resilienza ha aperto nuove opportunità anche ai giovani con i ministeri che hanno attuato una serie di assunzioni che non si erano viste in passato per numero: “Sono state richieste anche nuove professionalità come quelle legate ai cosiddetti green jobs cioè lavori per l’economia circolare e per l’implementazione delle energie rinnovabili”.
Una ricaduta dunque che ha giovato nel momento presente e che gioverà nei prossimi anni.
Il tempo, che sembra la variabile più critica per affrontare la sfide del Pnrr non è invece un aspetto di particolare preoccupazione per il Capo del dipartimento: “Dicembre 2026 è la data ultima, ma la conoscevamo fin dall’inizio e questo ha dato l’opportunità per la prima volta nella storia della Pubblica amministrazione di lavorare con una definizione di contenuti e programmi tipica forse di un’impresa privata”.
Nucleare: l’Italia avrà mai una centrale?
Il dottor Penna si è occupato anche di nucleare come dirigente del segretariato generale dell’Ispettorato per la sicurezza nucleare, che oggi in Italia è un tema rimasto tabù.
Ma si arriverà mai alla costruzione di una centrale o l’aspetto culturale è ormai quello che ha preso il sopravvento e rimasto legato alle due catastrofi di Chernobyl e Fukushima?
“La scelta del nostro Paese, come tutti sappiamo è stata quella di non proseguire in quella che era la sua esperienza in termini di produzione di energia nucleare, peraltro un’esperienza radicata nella storia scientifica del paese perché l’uso moderno dell’energia nucleare da un punto di vista civile nasce proprio in Italia”.
Parlare di nucleare oggi, soprattutto in termini di sicurezza, non è come lo è stato quarant’anni fa: “Fu fatta una scelta industriale all’epoca probabilmente affrettata perché come stiamo vedendo oggi in Germania, unica nazione europea in controtendenza ad uscire dal “club” del nucleare, le centrali non si spengono in una settimana e all’epoca commettemmo questo errore tecnologico che ci ha lasciato poi un fardello che ancora oggi portiamo dietro cioè quello dello smaltimento di quelle centrali e l’individuazione di un deposito per i rifiuti radioattivi”.
Al momento comunque è stato presentato un disegno di legge che serve a dettare le coordinate giuridiche affinché attraverso una serie di decreti legislativi molto tecnici e precisi “possiamo ricreare la cornice giuridica che i referendum avevano abbattuto per poi fare scelte tecnologiche”.
Italia: patrimonio fragile da salvaguardare
Parte del comitato nazionale Unesco, Fabrizio Penna e il Mase guardano all’Italia sotto un aspetto di salvaguardia del patrimonio: “L’Italia è bella, anzi bellissima, ma fragile e merita da parte nostra grande attenzione soprattutto per quelle aree del paese in cui c’è una congiunzione particolare tra la bellezza naturalistica-paesaggistica e l’incidenza delle tradizioni comunitarie del territorio”.
La sfida da affrontare per dare un senso alla partecipazione alla convenzione Unesco deve essere fatta in squadra con tutto il sistema paese con una sensibilizzazione alla conservazione e promozione nella conoscenza “anche attraverso pratiche di turismo non più di massa ma magari sostenibile” sottolinea Penna.
“Dobbiamo lavorare innovando anche sull’esperienza di buone pratiche, quelle modalità anche tecnologiche di fruizione dei beni paesaggistici e di patrimonio culturale e storico che può essere aiutata anche attraverso la digitalizzazione”.
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